Sito Ufficiale di Gianluigi Valgimigli Poeta e Scrittore Faentino |
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ROBERT JOHNSON Il materiale che leggerete di
seguito, è stato originariamente pubblicato come appendice al romanzo
“Sotterraneo al chiaro di luna” di Gianluigi Valgimigli
(Claudio Nanni Editore; luglio 2016). Robert Leroy Johnson (nato a Hazlehurst, nel
Mississippi, l’8 maggio 1911, e morto a Greenwood,
nel Mississippi, il 16 agosto 1938) è, insieme a Muddy
Waters, il bluesman della vecchia guardia più
ricordato e celebrato. Esponente del Delta Blues, profondamente influenzato
da Charley Patton, Willie
Brown e Son House, fu uno dei bluesman che
influenzò maggiormente il rock-blues. Registrò in tutto 29 canzoni (la
trentesima non esiste: è solo una leggenda, la sua vita ne è piena…), molte delle quali consegnate alla storia della
musica del ‘900, in quanto tra i vertici della produzione del blues pre-guerra: “Hellhound On My Trail”, “Me And The Devil Blues”, “Terraplane
Blues”, “Cross Road Blues”, “Travelling Riverside Blues”, ecc…, sono
opere d’arte che hanno lasciato un segno indelebile, e hanno scritto importanti
pagine della storia del blues, prima, e del rock, poi, presentando un
innovativo stile chitarristico (che univa differenti correnti di blues) e
vocale, che avrebbe avuto grande influenza su molti musicisti successivi. I
testi delle sue composizioni, sebbene spesso pieni di frasi o espressioni
rubate ad altri bluesman (ma non bisogna fargli una colpa per questo: era
tipico all’epoca, e non solo nel blues), sono autentiche poesie dai toni
molto spesso cupi e oscuri, che hanno contribuito ad alimentare le tenebrose
leggende circolanti sul suo conto, creando un vero e proprio mito maledetto. Johnson morì a 27 anni in circostanze mai realmente
chiarite (l’argomento è approfondito nella nota sottostante{1}), e fu il capostipite dell’ormai troppo chiacchierato
(ha rotto il cazzoooo!!!) “Club 27”; si racconta
che fu il Diavolo a venirselo a prendere (secondo l’ormai irritante leggenda,
il musicista gli vendette l’anima a un crocevia a mezzanotte, per diventare
il più grande chitarrista dell’epoca). Una cosa, però, bisogna dirla: la
figura di Johnson, oggi, è forse fin troppo
mitizzata e omaggiata, e questo è un male: in un genere, l’eccessiva
mitizzazione di un artista rispetto ad altri, porta molto spesso a una totale
ignoranza sulla conoscenza del genere stesso; purtroppo, la storia della
musica è piena di casi simili (vedi nel rock, ad esempio…
c’è da mettersi le mani nei capelli…). NOTE: {1} Sulla morte di Johnson non si
hanno certezze precise (sul certificato di morte non è riportata alcuna causa
concreta, e l’ipotesi dell’avvelenamento da parte del gestore di un locale
cornuto, la cui moglie veniva sbattuta da Johnson,
rimane la più accreditata) e secondo la leggenda -ma solo di leggenda si
tratta- nel momento della morte si mise a quattro zampe e ululò come un cane;
ovviamente è un falso mito, e il nostro Robert morì probabilmente nel letto
di un amico (si era trascinato a casa sua, in preda al delirio, dopo aver
bevuto dalla bottiglia che il gestore aveva per lui avvelenato), dopo 2 o 3
giorni d’agonia. |
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